Adele Springsteen, ovvero nientemeno che la mamma di Bruce Springsteen, è il personaggio che non ti aspetti dalle pagine del libro di due illustri ma dinamici psicoterapeuti della famiglia e formatori, Luca Casadio e Massimo Giuliani.
Il libro, edito da Castelvecchi, si intitola Madri. Adele Zerilli Springsteen compare nella parte seconda, “Dieci ritratti di madri”, e la biografia avvincente di lei e di Bruce ci permette innanzitutto di assaporare un vivido messaggio, ovvero: ciò che facciamo nella vita – l’arte, il lavoro – reca i segni profondi dell’esperienza familiare, della funzione materna che ci alleva e ci cresce. Scrive Giuliani che, ad esempio, “quell’eccesso eticamente ed esteticamente rock” che contraddistingue da sempre i concerti di Springsteen reca in sé “le tracce di una cultura della convivialità, dell’accoglienza e della sobrietà che sono per Bruce eredità materna; e italiana, anche. I suoi spettacoli dal vivo sono un banchetto dove per l’invitato c’è sempre un piatto inatteso”.
E ancora:
Il palco [di Springsteen] è come una tavola dove all’inizio si stava in sette – i membri della E Street Band originaria – e oggi invece si siede comodamente in diciotto: perché chiunque sia passato di lì […] è diventato parte della famiglia. I musicisti che hanno sostituito gli amici che non ci sono più sono diventati davvero parte integrante del clan […] il senso di questa scelta richiama fortemente quel senso di continuità, anche contro le avversità che possano minacciarla, che ha orientato le scelte di Adele nella propria famiglia di origine e nel suo matrimonio.
Come Springsteen stesso in più di un’intervista ha raccontato, Adele ha salvato Bruce dal dolore di un padre fragile con una storia familiare tragica e tormentato da fantasmi e solitudine. Facendo scelte controcorrente, Adele è stata “una madre che arriva in tempo perché il figlio non cada in quell’abisso”, salvandolo con la musica e permettendogli di diventare… Bruce Springsteen! Ed ecco che la ritroviamonovantenne sul palco a ballare con il figlio, una scena che possiamo goderci in moltissimi concerti del Boss.
Ma il libro Madri non si limita a narrare storie e biografie, molte delle quali scritte in prima persona ed estremamente poetiche e non prive di colpi di scena. Esso ci consegna esplicitamente delle chiavi interpretative per pensare la famiglia e la genitorialità.
La proposta centrale del libro è quella di staccarci dall’immagine di maternità individualistica, o meglio dualistica (rapporto madre-figlio), per abbracciare l’idea di “funzione materna” che è esercitata da un gruppo familiare che vive “a cavallo di almeno tre generazioni che, tutte insieme, elaborano diverse modalità di relazione e di scambio reciproco, oltre che di cura e di allevamento dei bambini”. La funzione materna crea rapporti e contesti fecondi che costituiscono basi sicure per lo sviluppo e la crescita dei bambini.
Sono le relazioni all’interno della coppia e della famiglia più allargata, che include anche la generazione precedente, ad attribuire ruoli all’interno di questa funzione che rimane comunque un prodotto collettivo. Le modalità di cura e lo stile di allevamento, compresi i ruoli “paterni” e “materni”, appartengono a un contesto.
Pensare in questi termini – ci spiegano gli autori – va contro una iper-responsabilizzazione delle madri operata per moltissimo tempo dalla psicologia e dal senso comune.
La madre simbiotica, la madre evitante, la madre assente e perfino la “madre coccodrillo” e la “madre schizofrenogena” sono, certo, tutte nozioni utili e con un qualche fondamento scientifico, ma eccessivamente concentrate sull’individuo (la donna) e dimentiche del ruolo fondamentale svolto dal contesto di relazioni all’intorno, innanzitutto con il partner ma anche con tutti gli altri membri della famiglia.
La funzione materna, scrive Casadio, “non riguarda ovviamente solo i soggetti di sesso femminile”, ma “si avvale anche di diversi contributi maschili [e] si snoda lungo le generazioni”.
Le relazioni familiari non vanno mai pensate in termini diadici ma almeno triadici.
È facile adottare un pensiero lineare, moralistico e colpevolizzante ritenendo una madre responsabile dei problemi dei figlio, ma – scrive Giuliani – “se si introduce il terzo, cambia la prospettiva”: il terzo gioca, immancabilmente, in quel rapporto diadico che apparentemente “funziona male”. E questo porta alla corresponsabilità e anche a maggiori possibilità di azione e di cambiamento verso il meglio.
Un libro da leggere, insomma, intanto perché “resetta” i problemi della genitorialità ponendoli nella giusta complessità delle relazioni familiari, non soltanto attraverso concetti teorici ma anche e soprattutto attraverso storie raccontate di vita vissuta. Un buon complemento al libro Genitori al lavoro di cui abbiamo parlato recentemente (Girelli e Mapelli 2016).
Da leggere d’un fiato, Madri, anche perché ci fa vedere con disincanto e speranza i milioni di rivoli attraverso cui le persone che ci crescono rimangono presenti – fisicamente o meno – a influenzare le nostre scelte, i nostri atteggiamenti e desideri sia nei confronti della genitorialità che in tutti gli altri ambiti della vita (l’amore, il lavoro, la carriera).
Se i “genitori al lavoro” possono essere considerati una categoria significativa dal punto di vista dei diritti e delle problematiche, è altrettanto vero che dietro la facciata di ogni genitore e di ogni lavoratore si snoda una storia che mescola fattori conosciuti e riconoscibili (famiglia invischiata vs. disimpegnata, rigida vs. caotica, orientata alla dipendenza vs. all’indipendenza, cicli di vita, copioni familiari ecc.) ma in combinazioni assolutamente nuove e originali in ciascuno di noi e in ciascuna famiglia, e anche in momenti diversi della vita.
Si formano così atteggiamenti e stili genitoriali, motivazioni e bisogni, sensi di colpa e di responsabilità, autonomie e dipendenze, ruoli e copioni. E poiché di tanto in tanto i percorsi si inceppano ed è possibile liberarsi e migliorarsi, o semplicemente vi sono passaggi e ricollocamenti da fare come tappe evolutive importanti, è forse consigliabile accettare con naturalezza di farsi accompagnare da persone fidate, come un coach o un counselor o un clinico o un terapeuta. O semplicemente affrontando in famiglia le questioni importanti dell’evoluzione personale, della realizzazione e dei bisogni che cambiano.
Ma intanto leggiamo Genitori al lavoro e Madri, perché spesso nelle storie degli altri e nelle ricerche degli esperti possiamo trovare ispirazione per il nostro sviluppo personale e familiare.
- Luca Casadio, Massimo Giuliani (2016). Madri. Dal complesso di Edipo alle madri reali. Castelvecchi, Roma.
- Laura Girelli, Adele Mapelli, a cura di (2016). Genitori al lavoro. L’arte di integrare figli, lavoro, vita. Introduzione di Maria Cristina Bombelli. Contributi di Stefania Baucè e Lucilla Bottecchia. Guerini Next, Roma.