Age sustainability Longevity management

Longevity management: un tema di investimento sostenibile

Longevity management: un tema di investimento sostenibile
Scritto da Ilenia Bua

Ok, boomer” è il meme che ha caratterizzato il 2019. Un meme nato su Twitter e TikTok, e diventato popolare tra adolescenti e giovani negli Stati Uniti. “Ok, boomer” è in pratica una risposta polemica ai giudizi o alle opinioni della generazione X e Baby Boomer e sgradite ai più giovani, un modo per liquidare le critiche giudicate paternalistiche o passatiste.

Questo meme si porta dietro una questione piuttosto sentita, e peraltro per nulla nuova: lo scontro generazionale.

Con quattro generazioni insieme per la prima volta nei luoghi di lavoro (Baby Boomers, Gen X, Millennials e Gen Z) le tensioni e le distanze culturali stanno aumentando. La rabbia e la mancanza di fiducia che ne derivano possono arrivare a inquinare la collaborazione, innescando conflitti emotivi e portando a un maggiore turnover delle persone. Inoltre, la mancanza di consapevolezza e comprensione dei problemi legati all’età può portare a fenomeni di discriminazione nelle assunzioni e nelle promozioni.

Molte organizzazioni faticano ancora oggi ad adottare politiche che affrontino le questioni generazionali. Sebbene impegnate sul fronte della diversity, solo l’8% delle organizzazioni include l’età come parte della propria strategia DEI (Harvard Business Review, 2024). E tra le organizzazioni che lo fanno, l’obiettivo implicito è stato spesso quello di sottolineare le affinità generazionali o negare la realtà delle loro differenze.

Gli effetti dell’ageismo sul benessere di individui e organizzazioni

Il comportamento discriminatorio nei confronti di una o più persona in base all’età prende il nome di “ageismo” (Butler, 1969). L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) divide l’ageismo in diversi livelli:

a) come pensiamo (stereotipi)

b) come ci sentiamo (pregiudizi)

c) come agiamo verso le altre persone o anche verso di noi (discriminazione) a causa dell’età.

Nel loro insieme, riferisce l’OMS, questi tipi di comportamento possono influenzare gravemente la salute fisica e mentale di coloro che subiscono atteggiamenti di discriminazione o indifferenza.

longevity management: un tema di investimento sostenibileStereotipi e pregiudizi sulla seniority incidono profondamente anche sugli aspetti motivazionali e sul raggiungimento degli obiettivi personali, impedendo la promozione di un invecchiamento attivo, influenzando il modo in cui la persona interpreta i propri fallimenti cognitivi e accelerando il declino fisico e cognitivo (Borella & Carbone, 2020).

Pensieri di questo tipo portano a un circolo vizioso che vede i pensieri demotivanti alimentare comportamenti di evitamento (es. “lascio fare a chi è più giovane”) che a loro volta altro non fanno che confermare i pensieri disfunzionali e gli stereotipi sull’invecchiamento, minando il benessere della persona.

L’ageismo può anche manifestarsi in modo implicito ed esplicito. L’ageismo esplicito è quello espresso attraverso pensieri, azioni ed emozioni intenzionali, in cui vi è consapevolezza e un certo grado di controllo. Quelloimplicito, invece, si ha quando i pensieri, le emozioni e le azioni operano al di fuori della consapevolezza, in questo caso gli individui possono razionalizzare i loro comportamenti attribuendoli ad altri fattori.

L’essere umano non ha data di scadenza

Negli ultimi anni, soprattutto dalla pandemia, la forma di ageismo più diffusa sembra essere quella verso le persone più senior (esiste peraltro il fenomeno opposto, che “bersaglia” le più giovani in base ad aspettative stereotipate).

La vecchiaia viene tendenzialmente dipinta come una condizione di inesorabile declino fisico e cognitivo, di peso economico e sociale, di isolamento e di asessualità (Goldin, 2021). Basti pensare alle frasi di uso quotidiano rivolte alle persone senior; quante volte ci è capitato di sentire: “ah, ma sei ancora attivo!” O ancora: “hai già imparato a usare questo strumento?”

Sul posto di lavoro, l’ageismo può essere insidioso e pervasivo e può avere un’influenza negativa su tutti i gruppi. Può dissolvere la solidarietà, limitare i contributi delle persone sia più giovani che più anziane e portare a fenomeni di svalutazione e all’esclusione. Studi attestano che, se il management consente ai comportamenti “ageisti” di persistere, la soddisfazione lavorativa delle persone diminuisce, così come l’engagement e il commitment. (Macdonald & Levy, 2016).

Per contrastare questo fenomeno è indispensabile, quindi, diffondere una cultura positiva dell’invecchiamento attraverso la condivisione di informazioni corrette circa il funzionamento mentale e i reali cambiamenti dettati dall’avanzamento dell’età. Risulta necessario, di conseguenza, promuovere un atteggiamento di tipo incrementale che permetta all’individuo di impegnarsi in compiti nuovi e stimolanti, rafforzando così la fiducia nelle proprie abilità. Infine, è fondamentale avere intorno a sé un ambiente supportivo che sia in grado di favorire l’autonomia e l’autodeterminazione delle persone più senior.

L’importanza dell’age sustainability

La sostenibilità umana, concetto che rientra nelle politiche ESG, richiede alle organizzazioni di concentrarsi meno sui benefici che le persone apportano alla loro organizzazione e più su quelli che la loro organizzazione apporta alle persone (Deloitte, 2023).

Parlare di sostenibilità umana per le organizzazioni significa utilizzare il potenziale di collaboratrici e collaboratori, un obiettivo che può essere raggiunto attraverso le strategie di age management. Rispettare l’età, vuol dire fare leva su diversi livelli di abilità, conoscenze e passioni.

Anche il World Economic Forum nel febbraio 2024 ha introdotto un principio legato alla sostenibilità del longevity management, chiedendo di far evolvere i posti di lavoro e lo sviluppo di competenze lungo tutto l’arco della vita per una forza lavoro multigenerazionale. Un quarto delle persone di età pari o superiore a 55 anni desidera lavorare in età avanzata, ma incontra ostacoli nel trovare opportunità.

longevity management: un tema di investimento sostenibile

Dalla teoria alla pratica

Un ruolo chiave in questo processo è svolto dalla figura dell’HR. È importante creare un ambiente sereno e inclusivo, dove le opportunità di formazione e sviluppo non vengano rivolte solo alle nuove generazioni ma a tutte, anche alle persone più senior che oggi spesso si trovano a ricoprire ruoli apicali. Un altro aspetto da non sottovalutare è la promozione della flessibilità: in termini di orari, luoghi e modalità di lavoro.

L’adozione di politiche flessibili può contribuire a creare un ambiente di lavoro più produttivo. Ma soprattutto, occorre creare programmi di mentoring in cui figure più esperte possano condividere le loro competenze e conoscenze con chi è più giovane, in una stagione di vita in cui forte è il desiderio di “restituzione”. Questo non solo aiuta persone meno esperte a imparare e sviluppare le loro competenze, ma può anche contribuire alla costruzione di relazioni positive all’interno del team. In conclusione, ogni persona può così trovare la propria dimensione all’interno dell’azienda.

I nostri progetti in ambito Longevity Management

Da molti anni Wise Growth mette a disposizione delle organizzazioni dei programmi mirati per aiutarle a gestire la longevity, e lo fa innanzitutto partendo da una comprensione del fenomeno.

Qualche esempio: un primo strumento di analisi è l’assessment volto ad indagare la motivazione e l’employabilty delle generazioni più senior. Dall’andamento dell’assessment sarà possibile posizionare la collaboratrice o il collaboratore in uno di quattro quadranti (alta motivazione-alta employability; alta motivazione-bassa employability; bassa motivazione-alta employability; bassa motivazione-bassa employability) e per ognuno di questi quadranti verranno proposte delle linee strategiche e delle azioni mirate specifiche. L’assessment prevede un approfondimento qualitativo con focus group per esplorare le ragioni e le dimensioni qualitative delle risposte all’indagine.

longevity management: un tema di investimento sostenibileSicuramente, in un momento storico dove le persone senior vedono allontanarsi progressivamente il tempo dell’età pensionabile, un’attenzione maggiore va rivolta alle Generazioni X e Baby Boomer. Negli ultimi anni, infatti, sono state le generazioni più trascurate perché l’investimento delle organizzazioni si è focalizzato sulla retention e sull’attraction delle più giovani. Ma, per creare delle strategie adeguate e durature di longevity management, l’elemento fondamentale è creare un “ponte” di comprensione culturale e rispetto tra le diverse generazioni: capire quali sono le differenze fra di loro e creare delle sinergie che muovano da queste differenze, intese come ricchezza.

Per facilitare la creazione di questo ponte intergenerazionale, Wise Growth offre da diversi anni un programma di reciprocal mentoring tra senior e junior, “Generation Bridge”, che alterna momenti in plenaria e colloqui di coppia su temi importanti della vita professionale (motivazione al lavoro, work-life balance, digitalizzazione…) per favorire una reciproca comprensione tra generazioni diverse.

Un taglio differente ha invece il progetto “Show Your Age!”, che muove dall’assunto che la convivenza generazionale sia un potente motore di benessere e innovazione organizzativa. La piena valorizzazione dei tratti distintivi e degli approcci di ciascuna generazione che abita l’organizzazione produce ricchezza per l’organizzazione stessa. Le fasi del progetto prevedono un primo lavoro sull’identikit delle singole generazioni, un secondo tempo in cui le generazioni si mixano ed un ultimo passaggio celebrativo (la “fiera delle generazioni”) in cui ciascuna generazione possa orgogliosamente presentare alle altre i propri tratti distintivi come contributo alla ricchezza dell’organizzazione.

Se pensi che questi progetti possano adattarsi alla tua azienda scrivici a info@wise-growth.it.

Saremo felici di fissare una call di approfondimento.

Autore

Ilenia Bua

Ilenia Bua, ha un dottorato di ricerca in Organizzazione Aziendale presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Ha svolto un visiting presso la città di Reims (FR). Dal 2021 è consulente organizzativa, privilegiando tematiche quali: cambiamento organizzativo e DEI (con focus sulle generazioni).
Collabora con il Corso di Laurea in “Comunicazione Interculturale” e il Corso di Laurea Magistrale in “Formazione e Sviluppo delle Risorse Umane” dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca.

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