Bias & Stereotipi Linguaggio inclusivo

Linguaggio inclusivo oltre il “politicamente corretto”

Linguaggio inclusivo oltre il politicamente corretto
Scritto da Alessia Alò

Perché è così importante esprimersi in modo rispettoso, plurale e consapevole 

Ma io mica volevo offendere!” “Non si può più dire niente!” “Sono solo parole, pensiamo ai fatti!

Quante volte sentiamo queste espressioni, sia nel mondo “reale” che nelle conversazioni sui social. E quante volte magari ci capita di trovarci in difficoltà perché non sappiamo se un termine è rispettoso o no, se una battuta verrà interpretata come tale o verrà invece vissuta come offensiva. Ma guardiamo il lato positivo: siamo tutte e tutti sulla stessa barca. Si tratta infatti di situazioni che ogni persona ha sperimentato, da una parte o dall’altra, almeno una volta nella vita.

Spesso questo dibattito sul linguaggio viene ridotto al “politicamente corretto”, all’uso o meno della schwa o dell’asterisco, al femminile delle professioni. E la maggior parte delle volte il discorso si polarizza: chi dice sì, la lingua italiana si può evolvere in questa direzione; e chi dice no, non abbiamo bisogno di introdurre “nuovi” termini o simboli. Il punto qui è che potremmo guardare questo tema da un’altra prospettiva: non come una limitazione del nostro modo di esprimerci ma come un’esplorazione più ampia e creativa delle parole che compongono la nostra lingua.

Le parole contano, eccome!

linguaggio inclusivo oltre il politicamente corretto

Pensate a cosa avete provato l’ultima volta che vi è stato rivolto un commento sgradevole o una frase fuori luogo. Immagino che possiate aver sentito un senso di frustrazione, di fastidio, di risentimento… forse di rabbia. E quell’episodio magari vi ha rovinato la giornata perché ci avete pensato con irritazione per ore. Ecco, questo ci fa capire quanto le parole che scegliamo per comunicare abbiano un peso e siano importanti, perché l’impatto sulla nostra quotidianità è decisamente reale.

Inoltre, il linguaggio che decidiamo di usare fa emergere in modo abbastanza evidente la nostra visione del mondo e i nostri stereotipi, ed è, per così dire, “contagioso”: se sono sempre a contatto con persone che usano abitualmente il turpiloquio, offendono e sono verbalmente aggressive sarà più facile che anch’io scelga quel tipo di parole o che mi “scappino”, magari in contesti poco appropriati. Se invece sono circondata da persone che parlano con rispetto, che si mettono in ascolto delle reazioni che provocano, che scelgono con cura il modo in cui si esprimono è molto probabile che sia quello lo “stile linguistico” più frequente. Nel primo caso stiamo promuovendo lo sviluppo di un ambiente violento, tossico e poco accogliente, nell’altro stiamo creando terreno fertile per contesti inclusivi, rispettosi e collaborativi.

Il linguaggio, quindi, è uno strumento potente e ha un ruolo molto concreto nella nostra vita di tutti i giorni. Se le guardiamo da vicino le parole sono ciò che di più importante e prezioso abbiamo: ci distinguono dagli animali e ci caratterizzano come esseri umani. Non sono un accessorio dell’umanità, sono il suo centro. Lo afferma Vera Gheno, sociolinguista che si è occupata molto di questi temi,

Le parole creano mondi: descrivono il mondo che vediamo e influenzano il mondo che vogliamo; dalle parole passano pensieri e comportamenti, per questo vanno usate con responsabilità, cura e rispetto.

Linguaggio inclusivo, linguaggio ampio o linguaggio rispettoso?

Tutte e tre le espressioni sono valide ma cerchiamo di dare una definizione: il linguaggio inclusivo/ampio/rispettoso è una forma di comunicazione chiara, accessibile e non violenta che mira a riconoscere e valorizzare tutte le identità, indipendentemente da genere, età, orientamento sessuale, disabilità, cultura o altre caratteristiche personali. Si tratta di un approccio intersezionale che cerca di evitare termini o espressioni stereotipate e discriminatorie. In pratica, significa scegliere parole e immagini che rappresentino la diversità e promuovano l’equità. Le parole, infatti, possono favorire o ostacolare l’inclusione ed è per questo che le dinamiche comunicative assumono un’importanza fondamentale in diversi ambiti.

In Wise Growth abbiamo iniziato a occuparci di questi temi già prima del nostro libro sul rispetto, ma non avevamo ancora un “contenitore” che li sistematizzasse in modo organico. Anche per il nostro team è stato un processo, un viaggio che è ancora in divenire: partendo inizialmente da noi, attraverso formazioni interne, abbiamo sviluppato alcune linee guida sul linguaggio inclusivo coerenti con i nostri valori, poi, in seguito, le abbiamo applicate ai nostri progetti di consulenza in azienda. Il tema è molto attuale e sentito, perché in un mondo sempre più plurale la comunicazione inclusiva è diventata una componente essenziale per quelle realtà che vogliono promuovere contesti lavorativi equi e rispettosi. Inoltre, non si tratta solo di un tema etico ma anche di business: è ampiamente dimostrato, infatti, che gli ambienti inclusivi stimolano la collaborazione, il senso di appartenenza e migliorano la competitività delle aziende.

La formazione, uno strumento utile per allenarci a usare consapevolmente le nostre parole

Linguaggio inclusivo oltre il politicamente correttoCome tutte le competenze, anche quella di esprimerci con parole più rispettose va allenata. In azienda, il modo migliore per  farlo è sicuramente la formazione. Sempre più realtà, infatti, decidono di sviluppare progetti sul linguaggio inclusivo grazie a cui le persone possano migliorare la consapevolezza di stereotipi e bias e sperimentare attivamente l’utilizzo di un linguaggio che rispetta e valorizza la pluralità.

Tips per comunicare in modo rispettoso

Le parole che scegliamo di usare possono davvero fare la differenza, in famiglia, sul lavoro, nei contesti sociali. È per questo che esprimerci con consapevolezza e responsabilità può generare effetti a catena virtuosi, contaminando l’ambiente in cui agiamo.

Anche se non esistono formule magiche o vademecum definitivi possiamo comunque tenere a mente alcune semplici linee guida.

  1. Allenare la consapevolezza: facciamo pratica nel riconoscere situazioni, comportamenti e parole non rispettose e/o discriminatorie.
  2. Scegliere termini chiari e neutrali: utilizziamo parole comprensibili, evitando tecnicismi e “maschili sovraestesi”. Ad esempio, potremmo usare delle perifrasi (sostituire “tutti i dipendenti dell’azienda” con “tutte le persone dell’azienda”) o declinare alcuni termini sia al maschile che al femminile (care lettrici, cari lettori).
  3. Approccio plurale e non stereotipato: non facciamo assunzioni basate sul genere, sull’età, sulla disabilità o su altre caratteristiche personali. Evitiamo di dare per scontato che le persone a cui ci rivolgiamo ci somiglino per scelte, valori e background.
  4. Educazione, cortesia e rispetto: sono tre aspetti fondamentali per comunicare in modo più attento e consapevole, valorizzando ogni identità e favorendo l’inclusione in tutti gli ambiti. E quando ci accorgiamo che qualcosa non ha funzionato, chiedere scusa e riparare all’errore è sempre una valida opzione.
  5. Rappresentare visivamente la diversità: la comunicazione inclusiva non comprende solo il linguaggio scritto e quello parlato. Anche attraverso le immagini possiamo rappresentare in modo più coerente la pluralità del mondo che ci circonda. Ad esempio, includendo persone di diverse età, genere, etnia e abilità.
  6. Sensibilizzare e formare: sviluppare progetti di formazione e sensibilizzazione su questi temi è fondamentale perché aiuta a ridurre stereotipi, pregiudizi e discriminazioni favorendo ambienti di dialogo più aperti e sicuri. Inoltre, promuove relazioni più armoniose e inclusive, sia in ambito lavorativo che nella società.
  7. Agire per cambiare: nel nostro piccolo possiamo davvero fare tanto. Abbiamo la possibilità (e la responsabilità) di modificare concretamente e in modo costruttivo alcune dinamiche conversazionali. In questo modo possiamo contribuire a creare circoli virtuosi che stimolino contesti inclusivi e favoriscano una convivenza più armoniosa delle differenze.

Che fare? una sfida collettiva che parte da noi

Le parole che usiamo per rivolgerci alle persone dicono molto più di noi che di loro. Il linguaggio, infatti, fa emergere il nostro sistema di credenze, i nostri valori e anche i nostri pregiudizi. Usarlo in modo consapevole è una competenza fondamentale e una sfida collettiva in cui ogni persona può dare il proprio contributo, a partire dalle piccole azioni quotidiane.

Umberto Galimberti ci fa riflettere su un aspetto cruciale, e cioè che “per pensare ci vogliono le parole. Noi possiamo pensare limitatamente alle parole che conosciamo”. Le parole, infatti, non sono solo strumenti per comunicare ma sono anche elementi indispensabili per costruire il nostro pensiero e la nostra visione della realtà, che sono alla base dei nostri comportamenti. In quest’ottica, ampliare il nostro vocabolario e adottare un linguaggio inclusivo significa anche espandere la nostra capacità di pensare in modo più profondo e aperto. Perché usare consapevolmente le parole ci permette di abbattere barriere e stereotipi, creando spazi di dialogo più equi e rispettosi.

È un processo che richiede impegno costante, formazione e consapevolezza, ma che può generare cambiamenti significativi nel modo in cui viviamo e lavoriamo insieme.

Ogni piccolo passo avanti in questa direzione è prezioso e può fare la differenza.


Se pensi che progetti su questi temi possano adattarsi alla tua azienda scrivici a info@wise-growth.it.
Saremo felici di fissare una call di approfondimento.

Bibliografia

  • F. Acanfora, “In altre parole. Dizionario minimo di diversità” – effequ, 2021
  • M.C. Bombelli, E. Serrelli, “La cultura del rispetto. Oltre l’inclusione” – GueriniNEXT, 2021
  • V. Di Michele, A. Fiacchi, A. Orrù, “Scrivi e lascia vivere. Manuale pratico di scrittura inclusiva e accessibile” – Flacowski, 2022
  • V. Gheno, “Potere alle parole: perché usarle al meglio” – Einaudi Editore, 2022
  • M. Murgia, “Stai zitta” – Einaudi Editore, 2021

 

 

 

Autore

Alessia Alò

Partner di Wise Growth e coordinatrice dell'area Comunicazione & Social media. Classe 1987, laurea in Psicologia Clinica all’Università degli Studi di Bergamo, psicologa e psicoterapeuta sistemico-relazionale.
Gestisce la rivista online Diversity-Management.it sui temi dell’inclusione e della pluralità; è docente in percorsi di consulenza e formazione in ambito diversity, equity & inclusion in azienda, in particolare con focus sulle generazioni e l’age management.

Ha collaborato e attualmente collabora con realtà no-profit che offrono supporto psicologico a famiglie, coppie, adulti e minori in situazioni di fragilità.
È appassionata di nuove tecnologie, grafica e comunicazione digitale.
È contributor nel volume “La Cultura del Rispetto. Oltre l’inclusione” di Bombelli M.C., Serrelli E., GueriniNext 2021.

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